venerdì 18 gennaio 2013

Fuori e dentro le mura

Maometto II, detto "Il Conquistatore", osservava la città dal mare. Intorno a lui, una flotta di 120 navi da guerra era schierata come da lui comandato. L'impero turco era finalmente pronto al grande passo. Dopo un grande sforzo diplomatico ben studiato per garantirsi le condizioni ideali per la battaglia, Maometto II aveva disposto la sua flotta per l'assedio della città, insieme a più di trentamila uomini ben armati che circondavano le tredici miglia di fortificazioni intorno alla capitale. Cosa pensavano i suoi uomini? Lui era cresciuto odiando l'Impero Romano d'Oriente con tutto se stesso e fin da quando, appena ventunenne, salì alla guida del suo popolo, si sforzò per arrivare a quel giorno: l'assedio di Costantinopoli.
Ma il suo popolo era altrettanto motivato? La gloria di una tale impresa sarebbe stata grande, ma troppe battaglie erano alle spalle e Il Conquistatore sapeva bene quanto fosse forte l'impeto di chi difende la propria città, la famiglia e la propria casa. Pensò che l'indomani avrebbe parlato ancora ai suoi sottoposti e, per mezzo di loro, a tutto il suo popolo di guerrieri. Avrebbe riversato nelle sue parole tutto l'odio che nutriva nei confronti di Costantino. Avrebbe risvegliato nei suoi soldati la violenza della guerra, il richiamo a prevalere sul nemico con lame, fuoco e sangue. Nulla avrebbe fermato la potenza turca.

Era l'anno 1453, primi giorni di aprile. Costantino XI stava raccogliendo i dati sui viveri rimanenti in città. I rifornimenti erano bloccati da giorni. Per quanto tempo sarebbero bastati? Forse non era nemmeno un problema. I Turchi non avrebbero atteso molto, non secondo i suoi calcoli. Conosceva il suo nemico.
Gli aiuti che sperava di ricevere non erano arrivati. Nel porto di Costantinopoli erano arrivate solo 16 navi veneziane e genovesi. Quelle greche erano ancora meno.
Il suo popolo? L'avrebbe seguito? I numeri parlavano chiaro: non avrebbe potuto affrontare l'esercito nemico con i soli militari di cui disponeva nella Capitale e questo lo portò ad una scelta difficile. Richiamò i suoi cittadini alle armi. Attendeva una risposta di ben ventimila uomini, ma accorsero solo in cinquemila. Possibile che il suo impero fosse giunto alla fine? Il suo popolo non avrebbe più combattuto al suo fianco? Seppe chiaramente qual era la risposta alle sue domande quando gli venne riferito il numero di coloro che non si sarebbero tirati indietro di fronte al temuto nemico. Se la mia gente non crede più nel nostro impero, come posso io difenderlo? Che significato ha lottare se non si ha un motivo per farlo?
Quando iniziò la battaglia, una settimana più tardi, Costantino combatté comunque. Tenne alto il nome dell'Impero, anche se conosceva già l'esito della guerra. Circondato dai nemici pensò a quanto fossero ridicoli i numeri se confrontati alla motivazione che muoveva un intero popolo. Osservò la spietatezza dei nemici. Avrebbe perso. Avrebbe perso perché lo spirito del potente Impero Romano d'Oriente aveva cessato d'esistere.


Andrea

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