venerdì 13 settembre 2013

Papà?

Quel giorno la bambina si avviò verso casa da sola. Lo faceva sempre quando non trovava nessuno ad aspettarla all'uscita della scuola, la sua casa non era affatto lontano. L'edificio che ospitava le scuole primarie in cui lei frequentava le lezioni, si trovava nella zona collinare della città, lontano dal traffico delle vie del centro ed affacciato su un lungo viale alberato. Le piante erano maestose, dei veri giganti agli occhi degli alunni, ed ogni giorno garantivano a Lucy delle piacevoli passeggiate verso casa, protetta sole prematuramente caldo di metà primavera. Lucy sperava, e molte volte succedeva, di incontrare la madre che le veniva incontro durante i cinque minuti di cammino che la separavano da casa, altrimenti si sarebbe annoiata, a dispetto del paesaggio che sicuramente sarebbe piaciuto a qualsiasi adulto. Due lunghi schieramenti di abitazioni signorili sorvegliavano il viale, non troppo vicine al marciapiede per lasciare spazio ad ampi e curatissimi giardini, ma abbastanza visibili da poterne ammirare la bellezza.
Tutto questo non significava granché per Lucy, che sapeva a memoria quella strada. Non ci faceva neanche caso. Qualche volta guardava le automobili parcheggiate davanti alle case... e che automobili! Audi, Mercedes, Jaguar. Ma neanche le macchine significavano qualcosa per lei, in realtà non le piacevano proprio, erano tutte nere o grigie come quella di papà. Lei cercava quella rossa, quella sì che era bella colorata, le piaceva davvero un sacco, anche se non era sicura di poterci salire visto che non aveva i sedili posteriori. Peccato, ma quando sarebbe cresciuta ci sarebbe salita di sicuro!
Quel giorno non incontrò la madre, né avvistò la macchina rossa che tanto le piaceva, ma non importava. Aveva un pomeriggio libero davanti a sé da passare nascosta in camera sua con tutti i giochi che aveva pazientemente conservato nel suo scatolone magico nascosto dove solo lei sapeva. Arrivò a casa in fretta (la sua non aveva la macchina parcheggiata fuori) e salì i gradini dell'ingresso lasciandosi alle spalle il giardino. Aveva le chiavi, aprì. «Mamma!...». Nessuna risposta, sarà di sopra. Benissimo, perché tanto anche lei doveva andare al primo piano, in camera sua. Prese a salire le scale, due rampe, e, giunta a metà strada, chiamò ancora: «Mamma!!».
«Sì, tesoro! Sono in camera... ma...», passò qualche istante. «...ma vai pure a giocare in camera tua, adesso vengo a salutarti.».
Il tono era frettoloso. Lucy lo sapeva, lo conosceva. Non lo voleva, ma lo capiva.
Lasciò lo zaino nel corridoio, lo avrebbe ripreso più tardi, a chi avrebbe dato fastidio? La sua camera era un più avanti, ma scelse di entrare in quella della madre. Dentro era quasi buio, la luce del sole nascosta da pesanti tende scure tirate davanti alle finestre. Richiuse la porta. La stanza era grande, Lucy si sentiva piccola piccola quando vi entrava, ma quel giorno sua madre era ancora più piccola. Lucy la trovò seduta sul letto dove normalmente avrebbe dovuto esserci il cuscino, ora stretto fra le sue braccia, le ginocchia rannicchiate contro il corpo, i piedi nudi sulle coperte. Quando si avvicinò, Lucy aveva la fronte poco più in alto rispetto a quella della madre. Mamma, quel giorno, sembrava una bambolina, di quelle di porcellana, quelle con cui non si deve giocare perché si rompono. Il suo viso luccicava appena, anche con la poca luce, proprio come la porcellana, le guance bagnate in strisce sottili. A Lucy sembrò che un suo abbraccio sarebbe bastato a stringerla tutta. Ci provò.
«Mamma, perchè piangi?», lo sapeva già.
«Piccola mia... non voglio che tu mi veda ancora così... non è giusto...». A Lucy non importava.
«Ha detto che torna stasera, vero?».
«Sì... stasera facciamo cena insieme.».
Si abbracciarono. Più forte.

lunedì 15 luglio 2013

La vela bianca

Nota: ma vi pare che a 15 anni dovevo mettermi a scrivere ste cose? =) =) questo è un ritrovamento nella giurassica memoria del pc di mio padre!

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LA VELA BIANCA

Sono qui seduto
Nella culla di onde lontane
E il vento non sa parlarmi
Che d’amore…

Inesorabile è il cuore,
Malinconico al tramonto
Di un sole troppo solo
Per non esser triste.

Non c’è silenzio,
Non c’è quiete,
Non una parola
Che mi sia amica.
Soltanto un’immagine
Riflessa nei flutti
Di un porto abbandonato
E nessuna nave.

Non ci sarà
Una vela bianca
contro il cielo,
Corone di gabbiani,
Né strascichi infiniti
Ad infrangere il mare.

Non ci sarà
La vita lontana di una donna,
La vita che non sarà la mia,
Baciata da una stella,
Una stella che ora muore.

Sono qui seduto
Ad ascoltare le maree,
a nascondere la mia vita
in un foglio.

Un sentimento di speranza
Una debole e meschina luce
Illusione di passioni
In cui non credo più.

Un sogno di poeta,
delirio di un folle,
suono di uno strumento
che non ha voce.
Soltanto l’amarezza
Di un ritratto spento
Una lacrima di un uomo
E nessuna nave

Non ci sarà
Una vela bianca
contro il cielo,
Corone di gabbiani,
Né strascichi infiniti
Ad infrangere il mare.

Non ci sarà
La vita lontana di una donna,
La vita che non sarà la mia,
Baciata da una stella,
Una stella che ora muore.

Chi mi darà la forza?
Dove trovo la volontà?
Ora so e non ho più dubbi,
Eppure resto immobile
Sulla mia pietra…
Chissà che un giorno non rivedrò
Quella vela bianca.

domenica 14 luglio 2013

Chi sei?

"Chi sei?"

Riusciremmo a rispondere a questa domanda?

Non risponderei "Un banchiere", "Un medico" o "un pensionato" perchè quello lo possono essere tutti. No, risponderei che sono una persona che ha qualche passione, che è innamorata, che ha dei figli... Parlerei di cosa mi  ha cambiato la vita e che di piú mi identifica per quello che sono oggi.

Che bello se anche le altre persone parlassero così di noi, non trovate? Venire ricordati per ciò che davvero siamo e che nessun altro è.

lunedì 25 marzo 2013

Riflessioni di James Cook

Mentre nella madrepatria inglese i suoi superiori della Royal Society si godevano qualche spicchio di sole estivo, James Cook si trovava in Nuova Zelanda ed era pieno inverno. In Inghilterra erano convinti che un grosso continente meridionale fosse ancora da scoprire, esplorare e colonizzare. La prima fase era stata affidata proprio a James, che nel 1772 si imbarcò verso sud riuscendo, qualche mese dopo, nell'impresa di essere il primo uomo a superare il circolo polare antartico. Ora la sua nave era ancorata in attesa di poter dispiegare nuovamente le vele, evento previsto per la successiva estate. Novembre 1774, pensava James. Fino a quel momento nessuna nuova terra era stata avvistata dall'albero maestro, nessuna bandiera sventolava su nuovi continenti o, per meglio dire, nuove colonie dell'impero di Sua Maestà.
Sulla nave, pochi uomini erano al lavoro. La preparazione per la partenza era ancora lontana. James, però, non lasciava quella che riteneva la sua vera casa. La HMS Resolution, questo era il nome della sua casa, non l'aveva abbandonato negli ultimi due anni, anche in mari maledetti e mai attraversati.
Quello intrapreso, era il secondo grande viaggio di James Cook. Il primo era interamente documentato nei suoi diari di bordo, diventati, in patria, un punto di riferimento anche per la comunità scientifica, grazie ai contenuti trasversali tra scienza, politica e arte della navigazione. Singolare era il fatto che una vasta fonte di conoscenza come quella, fosse nata dalla penna di un uomo la cui istruzione era minima, appena sufficiente per entrare nella Royal Navy.
Forse il suo amore per la scrittura era la naturale conseguenza di un animo inquieto. Alcuni raccontavano di lui come di un ragazzo schivo, abituato, negli anni della giovinezza, a lasciare il piccolo villaggio in cui viveva per inerpicarsi sulle colline circostanti, in cerca della solitudine che tanto amava. Ora si inerpicava sulla torre di comando della sua nave, ed era lì che incontrava il suo diario.
Non era periodo di appunti di scienza, né di viaggio. Rifletteva. Era un'altra volta circondato da mari nuovi, ma questa era la sua vita. Oggi guardava avanti, guardava al viaggio che doveva affrontare, ne analizzava le motivazioni nell'attesa costante di potersi finalmente muovere ancora. Il suo amore era per il viaggio in sé o per la patria e la missione? Non c'erano dubbi. Non c'era in lui un interesse per scoprire, ammesso che ci fosse, il nuovo continente. Non aveva provato niente per il primato ottenuto mesi prima.
Viaggiava e lo faceva per sé. Gli sembrava di essere libero, padrone effettivo della sua esistenza. Neanche lui sapeva da cosa scappava, forse non scappava, forse in cima a quella collina e in mezzo ai mari incontrava qualcosa che diversamente non poteva vedere. Raccontò a quelle pagine bianche di quanto era limitante dover viaggiare al servizio di qualcun'altro e di quanto, però, fosse utile per continuare e non fermarsi mai. Non si sarebbe mai fermato e così si poteva riassumere la sua vita. Non gli importava nulla di quello che andava a fare là fuori, quello che contava era la sua corsa. Doveva continuare a correre.  Forse quel diario non l'avrebbe consegnato a fine viaggio...

lunedì 18 marzo 2013

Come se niente fosse

Il giovane principe soffriva. Soffriva per la perdita della sua amata e per lungo tempo continuò a combattere con quel dolore, ma niente sembrava poter cicatrizzare la ferita.

Finché un giorno pensò che avrebbe dovuto ignorare il male.

Combatteva come se non avesse mai combattuto per lei.
Abitava il castello come se in quel castello non avesse mai abitato con lei.
Dormiva come se non avesse mai dormito al fianco di lei.

Aveva così imparato a nascondere dietro un velo scuro la presenza del passato.

Eppure il tempo non gli diede ragione. Convinto com'era di essersi liberato dalla sofferenza, il principe si era invece addentrato in qualcosa di ben peggiore. Viveva la sua vita fuggendo, nascondendosi dall'unica cosa da cui non è possibile nascondersi: noi stessi.

Il principe, che era tanto abituato a passare accanto al suo passato come se niente fosse, non si accorse che giorno dopo giorno la sua intera vita divenne un "come se niente fosse", in cui nulla trovava significato, nulla poteva più risvegliare un sentimento. Non capì mai di essere il risultato del suo passato. Non capì che, ignorandolo, avrebbe ignorato se stesso.

Del principe, si perse presto ogni traccia. Non che fosse scomparso, era sempre lì, nel suo castello, ma mai nessuno riuscì più a parlare con quell'uomo che un tempo era il principe.


Andrea

domenica 3 febbraio 2013

Buonanotte lettori!! Come va??

Rinnovo le mie scuse per la mia attività moderata, ma ancora per qualche giorno avrò molti impegni!

Intanto il blog festeggia il suo primo mese! Spero vi sia piaciuto ciò che sono riuscito a scrivere in questo periodo!

Ciao a tutti, buonanotte!

Andrea

La nostra forza

Io non credo che non si possa fare niente per crescere, per essere felici o per cambiare le cose.

Oggi ho visto un nonno camminare tenendo per mano il suo piccolo grande orgoglio.
In passato, ho conosciuto persone che hanno stravolto il normale concetto di vita normale perchè per loro normale è qualcosa di diverso.
Ci sono persone che inseguono un sogno solo perchè quel sogno è la loro stessa vita... per nulla al mondo si fermerebbero.
Qualcuno si commuove per una canzone, una parola, un gesto intravisto ma mai dimenticato.

Sono tante le cose che possono donarci un'emozione per cui valga  la pena di affrontare difficoltà anche grandi e mi rattrista sapere che qualcuno pensi anche solo per un momento di arrendersi alla vita. Forse sono troppo giovane, forse non ho ancora vissuto esperienze così gravi da pensare di fermarmi, eppure credo che una via ci sia sempre. Non sarà sempre tutto facile, ma ce la facciamo no? Mi piacerebbe che non ci fosse più bisogno di chiedersi perchè si debba andare avanti con tanta fatica. Vorrei che la risposta fosse ovvia, che fosse evidente che lo si fa per poter vivere tutte le cose belle che ci succederanno e che neanche immaginiamo.
...perchè non ce ne dovrebbe importare nulla di passare una giornata da schifo se la sera ci viene donato un sorriso. Non importa quanta fatica facciamo se questa ci permetterà anche un semplice momento bellissimo.

Tanto nella vita c'è sempre un po' di salita, questo l'ho capito anch'io quando avevo pochi anni in più di quel bambino che ho visto oggi col nonno. Si fa sempre fatica quindi sarebbe meglio capire che lo facciamo per un motivo. Lo facciamo per noi stessi e per ciò che amiamo, qualsiasi cosa sia. Non è un'inutile frase fatta, è così davvero, ti chiedo di pensarci.

Questa è la nostra personale forza per guardare sempre avanti.

Mi piacerebbe sapere cosa ne pensi.

Andrea

mercoledì 30 gennaio 2013

Novità!

Buongiorno!

Vi informo che ho creato una nuova pagina dedicata ai racconti su Matthew & Luke! Lì potrete trovare, raccolti in ordine di data a partire dal primo, tutti i post che ho dedicato e che dedicherò al loro salotto.

Questo è il link!

A presto!


Andrea

martedì 29 gennaio 2013

Tutto nella tua testa

Voglio smarrirmi nei miei pensieri... voglio farlo ancora e ancora.
Non me ne importa nulla che siano colorati o neri, che portino in cima a una vetta di felicità o che mi trascinino in qualche abisso apparentemente infinito. I pensieri sono la mia droga; o forse lo sono le emozioni che mi fanno provare, ma non fa una grande differenza. Qui, nella mia testa, posso provare ciò che voglio, vedere cose impossibilì, creare sogni e vivere il passato un'altra volta. Sospeso in un mondo a parte, vivo emozioni solo per il gusto di viverle, perfino la tristezza dei ricordi che sanno ferirmi ancora. Tutto ciò fa parte di una persona esattamente come una mano o come il cuore, è questo che di solito sfugge a chi non ama "perdere il suo tempo" per pensare. Non è una perdita di tempo, è una sorgente di vita prorompente che non sono minimamente i grado di descrivere a parole, non credo sia possibile. Posso dirvi che è la chiave per capire se stessi, un buon modo per capire il passato, una lente d'ingrandimento puntata sul presente della tua persona che ti permette di capirti, conoscerti e di non fermarti mai.
Ti invito a pensare, a passare qualche minuto con i tuoi pensieri; a trovare le tue risposte e nuove domande come se fossero sfide. È una droga lecita, che fa bene. Vivi i pensieri e ciò che ne scaturisce, anche se qualche volta ti daranno tristezza o incertezze nuove. Ogni nuovo pensiero sarà una crescita personale grande.

Andrea

venerdì 25 gennaio 2013

Nuovi mondi

Il panorama era molto diverso dall'ultima volta in cui Luke percorse la strada che da casa sua portava a quella di Matthew. Un cielo terso impreziosiva la notte, splendente della luce lunare. I centri abitati erano lontani, ad eccezione di qualche minuscolo paese arroccato sulle colline e circondato dai vigneti. Sembrava che il cielo non finisse mai: in alto brillavano le stelle, in basso le luci arancio dei piccoli villaggi e di qualche casa isolata. Le viti spoglie, si distendevano in lunghi filari, aggrappandosi alla struttura portante realizzata con estrema cura: pali in legno, fil di ferro o flessibili rami di salice intrecciati dalla sapienza antica della gente di quelle terre.
In pochi minuti, Luke giunse a destinazione e, ancora più svelto, occupò la sua poltrona in salotto, visibilmente compiaciuto del tepore casalingo offerto dall'immancabile caminetto scoppiettante. Matthew lo stava aspettando. Si erano visti pochi giorni prima, subito dopo il suo ritorno, ma questo non sminuiva il suo entusiasmo all'idea di passare un po' di tempo con l'amico.
Tra un abbraccio, qualche battuta e due sorsi di vino, il discorso tornò sul recente ritorno di Matthew.
 «Immagino abbia conosciuto molte persone.», cominciò Luke.
 «Vero. Ti dirò che ne ho conosciute molte, anche se i rapporti più continuativi che avevo erano con i colleghi.».
 «Stavi sempre con loro?».
 «Sì, passavo molto tempo con loro, alcuni non hanno una famiglia e quindi avevano più tempo libero dopo il lavoro, come me.», osservò Luke. «Tuttavia, le persone che mi hanno saputo sorprendere maggiormente sono state quelle che ho conosciuto per caso, quelle che ho visto una volta sola e di cui, magari, non so neanche il nome.». 
Luke sorrise. Amava questo discorso, l'aveva fatto più volte con Matthew, prima che lui partisse. Eppure l'amico non riuscì mai a comprenderlo fino in fondo. «Finalmente mi capirai se riparleremo di quel vecchio discorso!»
 «Ammetto di aver pensato proprio a te in quei momenti.», disse Matthew, mentre Luke continuava a ridere. «Te lo assicuro! Non lo nascondo, hai proprio ragione!».
 «So perfettamente di avere ragione, caro Mat! Quelle persone, quelle che vedi una volta, quelle di cui non sai neanche il nome, sono persone che per te non valgono nulla. Così come tu non vali niente per loro. E' proprio per questo che farai con loro i discorsi più belli... che interesse hanno nel tenerti nascosto qualcosa? Nessuno. Neanche ti racconteranno bugie: non ne hanno bisogno.», sentenziò Luke.
 «Hai ragione. E io ho provato la stessa sensazione: perché non avrei dovuto essere sincero con loro? Potevo raccontar loro tutta la mia vita, tanto non sapevano nemmeno chi ero.», ricordò Matthew.
 «Proprio così. Finisci per conoscere un'infinità di idee che fino cinque minuti prima non ti saresti neanche sognato.».
 «E' come se conoscessi un nuovo mondo ogni volta che incontri una nuova persona.».
Luke sorseggiò il vino rosso. «Chissà chi erano. Le loro vite sono storie su cui si potrebbero scrivere libri interi... e questo vale per ognuno di noi.», disse felice.
 «Mi piace questa metafora. Ci sono arrivato tardi, ma l'ho capito anch'io.», rifletté Matthew.
Era vero. In effetti non sarebbe difficile vedere la propria vita come un romanzo in continua evoluzione, ma pensare che è così per ogni persona, sconvolgeva Matthew. «Pensa quante cose potrebbe raccontare ogni singola persona. Quante esperienze! Tutte uniche!», disse. «Ci sono miliardi di persone e tutte hanno una vita intera da raccontare. E' una cosa bellissima, quasi infinita. Difficile da immaginare.».


"Chissà chi erano. Le loro vite sono storie su cui si potrebbero scrivere libri interi... e questo vale per ognuno di noi."

Andrea


- Visualizza tutti i post su Matthew e Luke qui. -

giovedì 24 gennaio 2013

Cari lettori, buonasera! Avrete notato che per alcuni giorni non ho scritto. Questo perchè è un periodo pieno di impegni per me, ma cerco di scrivere comunque!

Intanto vi anticipo che presto scriverò un nuovo racconto che vedrà protagonisti Matthew e Luke!
Vi aspetto, come di consueto, nel loro salotto.

A presto!!

Andrea

Al di sotto della superficie


C'è davvero un momento giusto?

Mi hai portato a credere che un giorno ci saresti stata per me. Magari quando ci sarebbero state le giuste condizioni, quando sarebbe arrivato un momento migliore per te. Ho continuato ad osservarti, tentando di cogliere chissà che segno e mi sono chiuso nel dolore del mio cuore. Eppure, il momento giusto non è mai arrivato.
Finché un giorno tutto finì. Ho smesso di aspettare, di cercare quel segno e ho iniziato a dimenticare quale fosse quella forza che continuava a tenermi vicino a te. Sono scomparso nel buio, il buio è diventato dolore che non se n'è mai andato fino a quando tutto ciò che rimaneva di noi fu sepolto in fondo al mio cuore.

Abbiamo solo un'idea di come sarebbero putute essere le cose, una scarna e fragile idea nascosta dietro un velo di segreti mai rivelati. E' triste pensare che ho sempre saputo che stavi cercando le parole giuste, che stavi aspettando il momento in cui finalmente avresti potuto rialzare la testa. Ma quel momento non è mai arrivato, mi avresti solo fatto altro male a causa della mia fragilità.
Finché un giorno tutto finì. Hai smesso di aspettare, di cercare quel segno e hai iniziato a dimenticare quale fosse quella forza che continuava a tenerti vicina a me. Sei scomparsa nel buio, il buio è diventato dolore che non se n'è mai andato fino a quando tutto ciò che rimaneva di noi fu sepolto in fondo al tuo cuore.

Urlerei solo per avere l'illusione di essere ascoltato, come se stessi urlando alle stelle. Non smettevo di farmi del male pensando e ripensando, solo per provare qualcosa. Non avresti mai detto quelle parole. Continuavi a cercarmi ma non potevi trovarmi. Non potevi. C'era sempre qualcosa da nascondere.

Finché un giorno tutto finì. Ho smesso di aspettare, di cercare quel segno e ho iniziato a dimenticare perché ti ero rimasto vicino così a lungo. Sono scomparso nel buio, il buio è diventato dolore che non se n'è mai andato fino a quando tutto ciò che rimaneva di noi fu sepolto in profondità, al di sotto della superficie.

Andrea

Commento: in questo testo ho riscritto in forma di lettera il testo della canzone "Beneath the Surface", autore: John Petrucci (Dream Theater). Album: "A Dramatic Turn of Events".

venerdì 18 gennaio 2013

Fuori e dentro le mura

Maometto II, detto "Il Conquistatore", osservava la città dal mare. Intorno a lui, una flotta di 120 navi da guerra era schierata come da lui comandato. L'impero turco era finalmente pronto al grande passo. Dopo un grande sforzo diplomatico ben studiato per garantirsi le condizioni ideali per la battaglia, Maometto II aveva disposto la sua flotta per l'assedio della città, insieme a più di trentamila uomini ben armati che circondavano le tredici miglia di fortificazioni intorno alla capitale. Cosa pensavano i suoi uomini? Lui era cresciuto odiando l'Impero Romano d'Oriente con tutto se stesso e fin da quando, appena ventunenne, salì alla guida del suo popolo, si sforzò per arrivare a quel giorno: l'assedio di Costantinopoli.
Ma il suo popolo era altrettanto motivato? La gloria di una tale impresa sarebbe stata grande, ma troppe battaglie erano alle spalle e Il Conquistatore sapeva bene quanto fosse forte l'impeto di chi difende la propria città, la famiglia e la propria casa. Pensò che l'indomani avrebbe parlato ancora ai suoi sottoposti e, per mezzo di loro, a tutto il suo popolo di guerrieri. Avrebbe riversato nelle sue parole tutto l'odio che nutriva nei confronti di Costantino. Avrebbe risvegliato nei suoi soldati la violenza della guerra, il richiamo a prevalere sul nemico con lame, fuoco e sangue. Nulla avrebbe fermato la potenza turca.

Era l'anno 1453, primi giorni di aprile. Costantino XI stava raccogliendo i dati sui viveri rimanenti in città. I rifornimenti erano bloccati da giorni. Per quanto tempo sarebbero bastati? Forse non era nemmeno un problema. I Turchi non avrebbero atteso molto, non secondo i suoi calcoli. Conosceva il suo nemico.
Gli aiuti che sperava di ricevere non erano arrivati. Nel porto di Costantinopoli erano arrivate solo 16 navi veneziane e genovesi. Quelle greche erano ancora meno.
Il suo popolo? L'avrebbe seguito? I numeri parlavano chiaro: non avrebbe potuto affrontare l'esercito nemico con i soli militari di cui disponeva nella Capitale e questo lo portò ad una scelta difficile. Richiamò i suoi cittadini alle armi. Attendeva una risposta di ben ventimila uomini, ma accorsero solo in cinquemila. Possibile che il suo impero fosse giunto alla fine? Il suo popolo non avrebbe più combattuto al suo fianco? Seppe chiaramente qual era la risposta alle sue domande quando gli venne riferito il numero di coloro che non si sarebbero tirati indietro di fronte al temuto nemico. Se la mia gente non crede più nel nostro impero, come posso io difenderlo? Che significato ha lottare se non si ha un motivo per farlo?
Quando iniziò la battaglia, una settimana più tardi, Costantino combatté comunque. Tenne alto il nome dell'Impero, anche se conosceva già l'esito della guerra. Circondato dai nemici pensò a quanto fossero ridicoli i numeri se confrontati alla motivazione che muoveva un intero popolo. Osservò la spietatezza dei nemici. Avrebbe perso. Avrebbe perso perché lo spirito del potente Impero Romano d'Oriente aveva cessato d'esistere.


Andrea

Buonasera lettori!

Questa sera vi offrirò una fotografia di un evento storico. Fu un momento in cui l'animo delle persone venne messo alla prova. Vedremo perché!

Vi aspetto stasera verso le nove!

A dopo!


Andrea

mercoledì 16 gennaio 2013

Mamma, dove sei?


Era sera tardi e Will era solo in casa. Aveva appena dieci anni, ma era un tipo davvero sveglio. Mise una piccola pentola piena d'acqua sui fornelli e accese il fuoco aspettando di bere il solito bicchiere di tè caldo, come ogni sera prima di andare a dormire. La madre era andata a parlare con i vicini, forse per qualche problema, ma Will non aveva capito.
Fu quando era già seduto al tavolo che tutto ebbe inizio. Stava girando il cucchiaino nel tè per sciogliere lo zucchero quando la luce si spense. Will, preso di sorpresa, riuscì comunque a ricordarsi cosa faceva la mamma quando andava via la luce. Il quadro elettrico si trovava vicino alla porta d'entrata, a stento visibile grazie ad una fievole luce che dall'esterno filtrava attraverso le persiane chiuse. Gli oggetti intorno al bambino sembravano diversi, sfumavano gli uni negli altri colorati di blu e nero.
Dei rumori... provenivano da fuori, un'ombra si mosse davanti alla finestra della cucina. Will si fermò. All'improvviso sentì che qualcuno stava provando ad aprire il portoncino che dava sul giardino. Lo sentì grugnire qualcosa di incomprensibile quando si accorse che era chiuso dall'interno e Will fu colto dal panico. Lasciò il bicchiere sul tavolo, ma cadde in mille pezzi. La mamma non c'era, era solo, cosa poteva fare? Aveva solo tanta paura. Inciampando nel buio, si diresse verso l'unico posto in cui si sarebbe sentito al sicuro, la sua camera. Era sufficiente salire le scale, prendere la seconda porta sulla sinistra del corridoio e chiudersi dentro. Forse ce l'avrebbe fatta.
Uno schianto secco e la porta d'ingresso si aprì. Will, mentre correndo raggiungeva le scale, vide con la coda dell'occhio cosa stava succedendo nell'ingresso. Non era entrata una persona. Non era riuscito a capire cosa fosse, ma di certo non era un uomo, solo una forma nera e indistinta. In ogni caso, non poteva stare a guardare, gli importava solo correre. Arrivato a metà delle scale il piede sinistro impattò contro un gradino, sentì un forte dolore alla caviglia, ma non ci badò troppo. Quella cosa era lì dietro, doveva fare in fretta a raggiungere la sua camera. Alzarsi fu difficile, aveva male, ma doveva farcela. Qualcosa gli afferrò i pantaloni. Will gridò. Senza sapere come, riuscì a liberarsi e corse su per le scale, ma uno strattone gli strappò un lembo della maglietta, rallentandolo ancora.
Will piangeva. Non vedeva nulla, in cuor suo sapeva che arrivare alla sua camera era ormai quasi impossibile, ma una strana forza dentro di lui lo spinse a non mollare. Era nel corridoio. Con una mano toccò la porta della stanza dei genitori e, subito dopo, trovò la sua. Vi entrò e chiuse la porta, sembrava un miracolo. Mentre girava la chiave, qualcosa andò a sbattere contro il legno dall'altra parte. Quella cosa continuò a colpire la porta con rabbia, ogni colpo riempiva il cuore di Will di nuovo terrore. Cos'avrebbe fatto ora? Eppure quello era il suo mondo, nella sua camera nessuno poteva fargli del male.
All'improvviso sentì una voce. Era la mamma! Lo chiamava, era lì vicino! Provò a rispondere ma non ne fu in grado. Continuava a sentire la voce della mamma ripetere il suo nome finché, d'un tratto, la luce tornò. Era nel letto, piangeva, ma la mamma era davvero lì. Lo abbracciò e gli teneva la mano. "E' tutto finito Will.". Il bambino continuava a piangere aggrappandosi al pigiama della madre. "Era solo un brutto sogno... la mamma è qui con te."

Andrea

martedì 15 gennaio 2013

Il breve post di questa sera era una dedica... con l'augurio che le scelte che verranno prese, siano quelle giuste.

Auguro a tutti una buona settimana!!

Andrea

lunedì 14 gennaio 2013

Una scelta difficile

Sotto le stelle i sensi si addormentano cullati dall'oscurità. E' il momento dei pensieri.
A scontrarsi, sono la ragione e il sentimento. E' tempo di scelte.

Quanto è difficile prendere una decisione? E' difficile capire quale sia il sentiero giusto, mettere d'accordo il cuore con la ragione e infine agire. Agire secondo volontà, secondo la tua scelta.
In fondo si rischia sempre: ci si può far male, si possono ferire altre persone o entrambe le cose. Si potrebbe discutere per ore su quanto questo sia legittimo. E' giusto che tu possa decidere su cose che possono influire anche su altri? Per quanto sia giusto o no, questo succede. Succede sempre.

Meritevoli di una grande stima sono le persone che riescono a prendere scelte importanti e, ancora di più, coloro che riescono a perseverare in tal senso, coloro che riescono davvero a vivere secondo ciò che hanno deciso.

..perché si è da soli di fronte alle scelte.


Andrea

domenica 13 gennaio 2013

sabato 12 gennaio 2013

La nostra Foresta

Ho camminato a lungo, da solo, nella Foresta.

In tutto questo tempo ho imparato a conoscere molti aspetti di un luogo così inospitale. Ho incrociato tante vite nel mio vagare senza meta: uomini sconosciuti, lepri, cerbiatti, uccelli, insetti, alberi.

In ognuno di loro ho saputo trovare un’utilità pratica, un fine che desse significato alla piccola vita di cui erano in possesso. Per questo motivo inizialmente li amavo. Li amavo tantissimo perché avevo di loro una visione esterna e tutto sembrava, in tal modo, fantastico… ogni vita funzionava perfettamente.

Passava il tempo.
Io continuavo a vivere nella Foresta. Non c’era un’uscita. Tutto era Foresta.
Continuando il mio cammino accrescevo il mio sapere. Allora il punto di vista era per me diverso… qualcosa cambiava intorno a me.
Anzi, ora comprendo che ero io che stavo cambiando.
Crescevo. Il mio corpo non era più abbastanza piccolo per passare inosservato. Gli animali percepivano la mia presenza, gli altri uomini mi parlavano e mi istruivano selvaggiamente, le piante ostacolavano il mio cammino. I rami che un tempo erano altissimi, graffiavano il viso.
Perché così ostili?
Perché io ero solo, così come ognuno di loro? Eppure eravamo tutti insieme.
La mia coscienza mi consigliava una via da seguire e io mi sono fidavo di lei. Era la mia coscienza, non poteva farmi del male.

Il tempo è passato e in questo momento scorre.
Continuo a vivere nella Foresta. Non c’è un’uscita. Tutto è Foresta.
Non posso smettere di camminare, questi posti a volte non mi piacciono. In passato li amavo tutti.
Adesso sono diverso e li vedo diversi. Sono sempre le stesse bestie, gli stessi selvaggi, le stesse rudi piante di un tempo, ma ora fatico a sentirle una parte di me.
Soprattutto, fatico a sentirmi parte di loro.
Vorrei trovare un’uscita o qualche indizio che mi faccia pensare che non tutto sia Foresta.


Andrea

venerdì 11 gennaio 2013

Ciao lettori! Grazie per le tante visualizzazioni!

Matthew e Luke torneranno, magari la prossima settimana! Intanto domani posterò un mio scritto datato 2009 (se non ricordo male)...

Vi auguro un buon weekend! Ciao!

Andrea

Addio


 «Non vorrai ubriacarti così in fretta?», scherzò Luke. Matthew si era appena seduto e aveva già scolato un bicchiere.
 «Sbaglio o sei stato tu a proporre di bere?»
 «Accidenti, Mat, non ti ho detto di finirti la bottiglia!»
Per tutta risposta, Matthew si riempì il secondo bicchiere. Aveva visto bottiglie simili a quelle, diventare le migliori amiche di molti uomini, ma non era quello il suo caso. Si voleva godere il ritorno e un pizzico di calore in più non avrebbe guastato l'ambiente. Non se lo aspettava, ma tornare non gli aveva portato la ventata di felicità che si sarebbe aspettato. Piuttosto, era diventato più cupo.
 «Sai Luke... E' bello essere di nuovo qui, ma stranamente, ora che ci sono, non penso tanto a ciò che sto ritrovando. E' come se qualcosa dentro di me continuasse a guardare indietro, alle cose che ho lasciato.».
Luke conosceva l'amico da quando erano giovani, capì in fretta che quella sera aveva bisogno di liberare qualche pensiero. A volte succedeva che Matthew fosse più pensieroso del solito ed era lecito aspettarselo in una tale occasione. Non sempre, infatti, un cambiamento così grande nella vita di una persona, portava a reazioni esclusivamente positive. Qualsiasi cosa l'amico avesse in mente, Luke l'avrebbe ascoltato, come sempre.
 «Queste cose che hai lasciato immagino siano più "persone" che "cose"», iniziò Luke.
 «Sì, esatto. Lasci legami di ogni tipo. Il che non è un grande problema, potrò contattare e rivedere moltissime persone se lo volessi.»
 «Però?»
 «Però non è così per tutti, Luke.»
 «Non capisco, Mat, cosa ti impedisce di prendere un qualsiasi aereo e tornare laggiù?»
 «Niente me lo impedisce, ma non è questo il punto.». Matthew sospirò mentre Luke continuava a non cogliere.
Troppi ricordi affollavano la mente di Matthew. Si prese una pausa e bevve un altro sorso. Iniziava a sentire l'effetto del whiskey, le emozioni più intense. Decise che non avrebbe raccontato di lei, meglio farlo in un'altra circostanza, ma non avrebbe cambiato discorso.
 «Hai mai vissuto un addio, Luke?», chiese Matthew con gli occhi puntati sull'amico. Sapeva già la risposta: Luke raramente si era allontanato dalle sue terre, non aveva avuto occasione di separarsi da qualcuno senza che lo volesse.
Dopo un momento di silenzio, Luke chiese: «C'è una persona che non potrai rivedere?».
 «Sì.»
 «Immagino sia per scelta di almeno uno dei due.»
 «Esatto. Non è una scelta mia, sai bene che difficilmente taglio i rapporti con le persone, però mi rendo conto che potrebbe essere la via più giusta.»
Luke aspettò ulteriori spiegazioni, che, tuttavia, non arrivarono. Poteva immaginare, ma non avrebbe fatto domande.
 «Un addio è sempre un qualcosa che non si vuole fare.», riflettè Luke. «Forse è una decisione forzata, ma sicuramente non è la decisione che si desidera prendere.».
 «Esattamente.».
Nel caminetto si erano spente le ultime fiamme, lasciando intravedere solo il rossore delle braci. Matthew si alzo per aggiungere nuova legna, prendendola da una piccola catasta ordinata al lato del focolare, che preparava ogni mattina.
 «Te lo dico io cos'è un addio.», disse voltando le spalle all'amico.
 «Sentiamo.»
 «Gli addii sono due treni. Viaggiano su due binari paralleli che non finiscono mai. Sono affiancati, viaggiano insieme anche per molto tempo, ma ad un tratto uno accelera.». Richiuse il camino, sfregò le mani per liberarle dalla polvere e tornò a sedersi.
 «Vedi, Luke...», continuò Matthew, «Quei binari saranno paralleli per sempre, ma i treni non viaggeranno più insieme.».
 «Hai sottolineato il fatto che i binari saranno sempre paralleli.», osservò Luke.
 «Proprio così. Io penserò sempre alla persona a cui ho detto addio, e lei penserà a me. Saremo sempre legati. Non dimenticheremo.».
Luke era pensieroso. Pensò che se fosse successo a lui, forse avrebbe preferito dimenticare o chissà...
 «Tu cosa ne pensi, Luke?».
Luke non lo sapeva. «Penso che non ci sono mai passato e non posso dirti come mi sentirei...», bevve un sorso. «E' evidente che questa persona è stata davvero importante per te. Forse non vi vedrete mai più, ma, l'hai detto... i vostri binari saranno sempre paralleli e sarà bello pensare a lei per il semplice fatto che ti ha dato molto».
 «Sarà bello? Non lo so. Non ho ancora capito se sarà bello o se pensarci peggiori solo le cose.»
 «Questo credo dipenda da te, Mat».
Matthew si voltò a guardare il vecchio amico e, d'un tratto, fu davvero felice di essere di nuovo a casa.
 «Ci penserò.», disse Matthew, sorridendo.

 "Ci penserò..."


Andrea


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giovedì 10 gennaio 2013

Buonasera!

Buonasera lettori!

Oggi  è stata una giornata pienissima per me e non ho avuto tempo per scrivere! Per questo mi limito ad annunciarvi che domani arriverá il primo vero e proprio racconto in cui vedremo all'opera il salotto di Matthew e Luke (se ancora non lo conoscete, trovate la presentazione qui). Ho giá scelto il tema, sará impegnativo!
Intanto, se non l'avete giá fatto, potete leggere i vecchi post e lasciare un commento! Mi farebbe davvero piacere!!

Grazie e a domani!!!


Andrea

mercoledì 9 gennaio 2013

Vi presento Matthew e Luke

Era ormai notte e fuori faceva freddo. L'inverno, che fino pochi giorni prima si confondeva ancora con i colori caldi di inizio dicembre, s'impadroniva del panorama sempre più spoglio. La sera aveva portato la nebbia e al di là della finestra non si scorgevano i profili delle colline, nè il luccichio dei piccoli paesi illuminati. Poco importava. Matthew era nato in quella casa e in cinquant'anni aveva ammirato quello spettacolo abbastanza da conoscerlo in ogni suo particolare, come se stesse guardando una fotografia. Era bello tornare a casa. Riaccostò le tende e pensò che quella notte avrebbe aggiunto altra legna nel caminetto.
Nel salotto, il fuoco era ben acceso. Si stava al caldo.
«Ehi, Luke. Ti vedo comodo! E così siamo di nuovo nella nostra stanza preferita.». Luke era un amico di vecchia data e quella sera era venuto a fargli visita nonostante le strade non fossero le migliori. D'altra parte non si vedevano da molto tempo, quasi due anni, periodo in cui Matthew aveva vissuto lontano da casa. Era seduto sulla sua solita poltrona.
«Finalmente! Mancava anche a me.»
«Non ne dubito. E mancano i nostri discorsi.»
Matthew si avvicinò al focolare. Sorrideva. Quante sere aveva passato in quel modo? Non poteva dirlo. Luke veniva a casa sua quante più volte possibile e i discorsi raramente si fermavano ai fatti quotidiani. Lì si parlava di tutto, senza pensare a nascondere se stessi o i propri pensieri. La loro amicizia era abbastanza radicata da consentire ai due di essere sinceri fino in fondo e in quel salotto si mettevano a nudo i problemi veri, si esprimevano preoccupazioni o, più semplicemente, ognuno si raccontava come solo tra amici veri è possibile.
Così, dopo tanto tempo, il salotto sarebbe rinato.
«Immagino ce ne siano di cose da dire dopo due anni.» disse Luke visibilmente felice.
«Senza dubbio. Tuttavia conosci già le cose che ho fatto. Adesso sto tirando le somme di questi anni e ci sono molte riflessioni che vorrei fare con te.»
«Siamo qui apposta! Che ne dici, iniziamo a riflettere sul buon whiskey che hai portato da non so dove?», propose Luke con un ghigno. La bottiglia e i bicchieri erano già sul tavolino al centro della sala.
«Non ti sfugge nulla, eh?»
«Nulla che si possa mangiare o bere!»
Luke, pensò Matthew, era sempre lo stesso. Allegro, con il sorriso sempre in mostra, le guance rosse e tozze con gli immancabili baffi nerissimi e un po' di pancia. La sua simpatia non era cambiata.

"Sì, sono tornato. E passerò molte sere come questa: a parlare, parlare e ancora parlare."


Andrea


- Leggi tutti i post su Matthew & Luke qui. -

Nuovi amici

Ciao a tutti!!

Questa sera scriverò un nuovo post in cui vi presenterò un paio di personaggi che diventeranno i protagonisti di futuri racconti. Saranno, insomma, due amici con cui condivideremo pensieri e riflessioni importanti su molti temi.. Vi aspetto stasera nel loro salotto!!

A presto


Andrea

martedì 8 gennaio 2013

Foto di buon anno

Un augurio un po' diverso... fatto di candeline colorate! Buon anno lettori!!

lunedì 7 gennaio 2013

Gioco!


Carissimo amico,

scrivo oggi con la volontà di stupirti! Non tanto in virtù di una spiccata abilità linguistica (cosa ancora assai lontana dalla verità), ma con uno scritto bizzarro a dir poco!
Dichiaro fin da subito una assoluta mancanza. Proprio così! In caso riuscissi a stupirti, lo farò a causa di una mancanza, invitandoti, tra l'altro, ad imitarmi, caso mai tu abbia voglia di sforzarti un po' con un giochino.
Già... il giochino, davanti a cui ci troviamo ora, richiama una diffusa norma: "ti accorgi di quanto sono importanti solo quando non li hai più!". Ma cosa??? Lo dico dopo, non andiamo troppo di corsa!
Prima voglio ancora chiarirti una cosa: a conti fatti, scrivo, scrivo un sacco, ma non ho proprio nulla da raccontarti. Proprio così, non so cosa raccontarti, mi sto sforzando al massimo, ma non puoi immaginarti quanto sia complicato il giochino  in cui, ignaro, addirittura tu hai un ruolo. Fidati, sarà dura, ma fra poco riuscirò ad arrivarvi al fondo, così portò chiarirti di cosa si tratta.
Tutto capita a causa di una mia prof di italiano. Un giorno mi raccontò di un uomo, nato in Francia. Lui finì un libro (lo dico ancora: un libro!!!!), prima di dirsi soddisfatto dal gioco. Io mi limito a buttar giù qualcosa, non sono di sicuro bravo quanto lui! Avrai capito ormai, si tratta di un gioco di scrittura! Ci sto provando, magari, quando finirò, ti farai una risata! Finisci matto con 'sto gioco, provalo con calma! Io sono stanco morto dopo un quarto di pagina!
Dichiaro, allora, l'unica norma! Anzi, la capirai tu!

Ti dico solo una cosa: in tutto lo scritto davanti ai tuoi occhi, NON figura la "e"!!

Provaci! Pubblica il risultato sul mio blog, basta contattarmi!

Ciao!!!

Andrea

Grazie...

Ciao a tutti!

Fra poco ci sarà un nuovo post!!
Intanto ne approfitto per ringraziare chi ha visitato il blog, non mi aspettavo questi numeri!!

A più tardi!! Grazie ancoraaaaa!

Andrea

sabato 5 gennaio 2013

Prova le mie emozioni


Il tempo passava scandito dal dolce deflusso della sabbia in una clessidra ed ogni granello, ogni secondo, era una nuova esplosione che tormentava il suo cuore.
Lui era solito associare i sentimenti ad un colore. Questa volta non era così facile definire quello che provava. Si ritrovò a seguire se stesso in un vortice infinito di emozioni, sensazioni, angosce, tutte cose che conosceva benissimo e a cui attribuiva facilmente un colore, ma così, tutte insieme, non sembravano avere un nesso logico: erano qualcosa di più.
Perché doveva soffrire a tal punto? Lui non voleva provare dolore a causa dei sentimenti, sarebbe stato troppo tentato...
Soffrire. "Devo soffrire e resistere", diceva a se stesso.
Dal canto loro, i sentimenti non gli lasciavano alternativa. Non poteva semplicemente ignorarli, erano troppo forti: l’unica soluzione era assecondarli e cercare, per quanto possibile, di tenerli sotto controllo.
In realtà, la sua sensibilità era fuori dal comune e lui lo sapeva. Non vivere fino in fondo ciò che provava era pressoché impossibile. Lui conosceva i sentimenti, non si limitava a provarli: facevano parte della sua persona in modo del tutto speciale. Solo lui li viveva così intensamente, solo lui poteva vederne i colori.
Da bambino, dopo tante lacrime, aveva imparato a difendersi da ciò che aveva dentro.
Ma quel momento lo spinse oltre le sue certezze.  Incrociare ancora quegli occhi... e i capelli, le mani, il profumo. Le mura non potevano sostenerne l'urto. Il suo petto fu investito da un peso così opprimente che ogni sua difesa venne spazzata via, come argini troppo deboli per contenere un fiume in piena.
Si lasciò tentare. Sentì una mano trapassargli il torace, chiudersi invisibile attorno al suo cuore e prendere qualcosa che faceva parte di lui.
Un brivido lungo la schiena. Il dolore cessò.
La voce di lei esitò un istante.
Più tardi, quella notte, fu lei a baciarlo.

Andrea

venerdì 4 gennaio 2013

In punta di piedi

Buonasera!

E' in assoluto il primo post che scrivo su questo blog e sono davvero felice!!

Non stupitevi di tanto entusiasmo, tengo molto a questo sito ed essere qui ad iniziarlo è un passo importante!  Amo scrivere. Da sempre sono affascinato dall'idea di poter raccontare a un foglio le cose che mi passano per la testa. Lui, pur nella sua scarsa loquacità, non mancherà mai di darmi ascolto. Scrivere è anche un'ottima via per riordinare le idee, come se esse fossero tanti fili annodati e l'inchiostro fosse un pettine che li scioglie. Vi assicuro, amici lettori, che le parole sanno donare visioni immense, sensazioni dalle mille sfumature e hanno il grande potere di creare tutto questo dal nulla.
Non sarò un grande scrittore, né un blogger professionista... ma forse anche uno solo dei miei racconti farà emozionare o riflettere qualche lettore. Sarò già contento così.

Nei prossimi giorni inizierò a scrivere e postare, conciliando i miei impegni con quello della scrittura, per quanto possibile. Potrete commentare ogni post, vi ringrazio in anticipo per ogni vostra partecipazione al blog.

A presto!

Andrea